
El Fuego

Lidò del Miramar

Number One

L'élite Lounge Bar

Vini Mauro

Tenuta Leonetti

Cantine Bruni 1901

Magic Mirror Lounge Bar
Bar-pub, mecca della movida melissese, dj set e musica live.

Rum 48

Unico farina e cucina

Agriturismo Santa Maria

Mama Residence

Casa Vacanza Concordia

B&B Mare di Calabria

La Torre di Safina

Red’s apartments

Hotel Dolce Stella

Hotel Napoleon
Sul mare, 24 stanze di design a diversa tipologia con a.c, wi-fi, tv a schermo piatto, ristorante, music bar.

Residence Coccinella

Affittacamere Mariada

Mediterraneo b&b

Hotel Melissa - Ristorante Il Delfino

Grand Hotel Balestrieri

Del Gaudio Guesthouse

B&B Isabella

Villaggio Club Miramare
Vincenzo, il titolare, poco incline alle luci della notorietà, allergico alle interviste, fu il primo a dare l’allarme il triste giorno del naufragio. Abita proprio qui, accanto alla struttura turistica davanti alla quale il barcone si incagliò. I tranquilli, asettici ambienti dove oggi sciamano i viaggiatori furono il primo, provvidenziale quartier generale per decine di migranti curdi in balia delle onde.
Ristorante Il Conte di Melissa
Accanto alla cinquecentesca Torre, c’è il Conte di Melissa. Non è il fantasma di Francesco Campitelli ma il ristorante ricavato nelle antiche stalle del vetusto manufatto. I piatti della casa serviti sotto le volte cinquecentesche sono opera dello chef Vincenzo Lamanna. Cucina calabrese innovativa con fantasiose contaminazioni. La scelta è varia ma i cavalli da battaglia scalpitano in alcune portate eccellenti: pasta con le alici e croccante aromatizzato, spaghetti ai ricci di mare, tagliata di podolica, rollè di spigola con battuta di verdure al pistacchio e gamberone. Nell’attesa non avrete che l’imbarazzo della scelta. Da una parte la torre saracena scruta come un tempo il blu indaco dello Ionio, dall’altra la spianata della città galleggia tra orizzonti marini e fitte chiome d’alberi.
La scultura di Ernesto Treccani
Nessuna luce riesce a rendere nella sua drammaticità la scultura che Ernesto Treccani ha dedicato nel ‘73 alle vittime di Fragalà. Sta accanto a una sorta di monolite bianco con le foto dei tre melissesi. Bisogna guardarla con attenzione la scultura. Girarci a lungo intorno, respirando la lugubre atmosfera che ancora aleggia nei campi, quelli della strage, per individuare le due figure fuse nell’attimo estremo della sofferenza. Prima o poi vedrete uscire dalla roccia un asino dalla pancia sventrata e una donna disperata, braccia sollevate all’aria, che chiede aiuto.
Museo della fotografia
Come al Centro di Ricerca delle Lotte Contadine, il Museo della FotografIa espone un vasto repertorio di storiche immagini in bianco e nero.
Il loculo senza padrone
Il monumento funebre alle vittime di Fragalà si trova nel cimitero, sulla vetta del paese. Nei giorni di sole il marmo bianco luccica come una spada. “Sono morti”, dice l’epigrafe, “perchè la terra non rimanesse incolta e il frutto del lavoro fosse dei lavoratori”. I quattro loculi riportano nomi e volti delle vittime: Angelina Mauro anni 24, Francesco Nigro anni 29, Giovanni Zito anni 20. Uno loculo è vuoto. Doveva ospitare chi avrebbe fortemente voluto essere sepolto qui, Ernesto Treccani. Ma i parenti decisero in altro modo. Al posto della foto dell’artista, c’è la riproduzione alla buona di un suo famoso quadro, “ La Terra di Melissa”, esposto nella sala consiliare del comune di Crotone. Con una dedica: "Un popolo unito è tutto. Discordi siamo nulla".
Centro di Ricerca delle Lotte Contadine
Storiche foto, manifesti, documenti, copie di giornali d’epoca tappezzano le pareti del vasto ambiente distribuito su due piani. Evocano il tempo più duro per i melissesi: lotte contadine, l’eccidio di Fragalà, il lavoro nei campi, la vita di tutti i giorni nel borgo. Un viaggio nelle misere condizioni di vita di contadini e classi subalterne. Le foto sono state realizzate da diversi artisti dell’epoca, in particolare da Ernesto Treccani. Patrimonio storico corposo, coinvolgente ma l’allestimento non rende onore al passato che testimonia. Le immagini, centinaia, sono l’una vicina all’altra, fissate in modo approssimativo, a volte accartocciate. Alcune sono doppioni di quelle esposte al museo della fotografia.
Vecchio frantoio
Anche il vecchio frantoio apparteneva alla famiglia Ferraro. Il salto nel tempo inizia nel primo ambiente: la grotta dove venivano stoccati i sacchi di olive. Poi si entra nello stanzone. Oggi ci sono tre macine ma un tempo esisteva una sola grossa pietra azionata da un cavallo bendato che girava in tondo. Una volta macinate, le olive venivano inserite nei fiscoli per la torchiatura. L’olio novello appena uscito veniva separato dall’acqua, versato nelle botti con la cannata, il recipiente da tre litri, e caricato sugli asini. Gli intatti macchinari ad alimentazione elettrica del frantoio, preziosi reperti d’archeologia industriale, risalgono agli anni ’50.
Museo del Vino
Ricavato a palazzo Ferraro, donato dalla ricca, nobile famiglia melissese, il museo raccoglie secolari attrezzi da lavoro a tema enologico risalenti all’estinta civiltà contadina, appartenuti alla stessa famiglia. Ci sono anche vecchie foto legate alla vendemmia. La grotta annessa era adibita al deposito di olio, vino e soprattutto delle balle di paglia per nutrire gli animali. I Ferraro avevano vasti terreni con un gran movimento di asini e cavalli.
Il convento degli scandali
Serve un cammino di dieci minuti lungo un pietroso sentiero nel bosco poi, scendendo verso un altopiano in fondo alla collina, si arriva agli evocativi ruderi. Del Convento Agostiniano Villa Grazia, innalzato nel 1546 da eremiti, restano monconi di mura nella natura incontaminata. All’inizio la vita consumata nella fede e nella contemplazione era idilliaca poi cominciarono gli scandali. Suore gravide, sporcizia, monaci dediti alla dissolutezza. Ne rimasero due, padre Taddeo e Francesco, assai poco inclini alla preghiera. Il primo andava a caccia nei boschi, il secondo passava di porta in porta a pretendere dalle donne di Melissa la loro innocenza. Nel 1637 il vescovo di Umbriatico fu costretto a chiudere il convento. Cadde nell’oblio. La leggenda parla di un favoloso tesoro nascosto dai briganti, tra i ruderi, forse nei tronchi di vecchie querce. Sono arrivati in molti a cercare. Invano.
Azienda Agricola Bossa
Giovanni è un migrante, il nomade delle api. Caricato il camion con 20-30 arnie, le piazza in postazioni strategiche in base alle fioriture. Per ottenere il nettare di acacia Giovanni corre a Strongoli. Per il miele d’arancio vola a Cirò. Gli insetti danno un ottimo miele millefiori e di arancio tra marzo e aprile. A giugno-luglio è il tempo del miele di sulla, eucalipto e castagno. Chiude la stagione, a settembre, il miele d’eucalipto autunnale. La lavorazione è totalmente casalinga, da primavera ai primi di ottobre. I due coltelli vibranti della disopercolatrice tagliano gli opercoli, i tappi con cui le api chiudono le celle, poi entra in azione lo smielatore. Gira come il cestello di una lavatrice e toglie il miele dai telai. Il figlio Lorenzo ogni tanto da una mano. È appena laureato, forse prenderà un’altra strada. Non si sa mai, però. Anche perché gli ulivi di Giovanni, un migliaio tra quelli vecchi e quelli piantati da poco, danno un olio di…
La Torre Aragonese
Torre Melissa, ottagonale, su tre livelli, se ne sta dalla fine del ‘400 a guardia dello Jonio. Al pianterreno ospita il museo etnografico, al piano superiore un’esposizione di vecchie foto. Fu eretta dagli aragonesi ma un’altra leggenda scomoda la famiglia Campitelli. Stanca dei saccheggi di pirati e saraceni, fece un patto con le streghe. Erano perseguitate e per sfuggire all'Inquisizione accettarono la proposta. “Se costruirete la torre, nessuno vi torcerà un capello. Dovrete farlo in una notte”. Iniziarono il lavoro al tramonto per terminare alle prime luci dell’alba. Mancava solo la copertura, l’enorme pietra che le fattucchiere stavano trasportando sulle spalle, ma furono sorprese dal canto del gallo. Dovettero abbandonarla a Caraconessa, presso Umbriatico. E ancora lì si trova. Antonio Garrubba e Francesco Cardamone ne hanno misurato la circonferenza, 35 metri. La stessa della torre! Solo leggenda?
Castello Angioino
Quel che resta del duecentesco castello normanno-angioino, oggi assediato da vegetazione infestante, evoca le vicende delle nobili famiglie che l’abitarono. In particolare aleggia l’aura del conte Francesco Campitelli al quale, causa malattia, subentrò il nipote Marcantonio Carafa. Racconta la leggenda che il nipote mantenne lo jus primae noctis introdotto dallo zio, fino a quando un coraggioso melissese, Raffaele Caraffa, abile spadaccino, rifiutò di concedergli la sposa. Sfidò a duello il conte e l’uccise. Lo jus primae noctis divenne un brutto ricordo. Anche il castello è un ricordo. Negli anni ’70 si teneva qui sotto un affollato mercato. Caddero pietre dal maniero. Serviva un restauro. E invece per far prima, abbatterono mura e torri. Una fu sventrata perchè un tizio non riusciva a parcheggiare. I martelli pneumatici faticarono a lungo prima di staccare le resistentissime pietre. Il castello non voleva morire.
Chiesa di San Giacomo Apostolo
La Chiesa di San Giacomo è la più antica di Melissa. Affonda le radici nel Medioevo ed è un concentrato di leggende legate a Francesco Campitelli, conte di Melissa e principe di Strongoli all’inizio del XVII secolo. Una racconta dello jus primae noctis promulgato dal conte. E della botola dietro l’altare, ora murata, che immetteva nel tunnel collegato al castello. Prelevata dalle guardie dopo il sì, la sposa veniva condotta al maniero attraverso la galleria per soddisfare la lussuria del conte. Il giorno dopo veniva riconsegnata allo sposo in sella a un asino carico di doni: zucchero, farina, qualche moneta.
Chiesa della Madonna dell’Udienza
La Chiesa della Madonna dell’Udienza domina gli orizzonti sulla vetta del borgo. Eretta da Domenico Pignatelli, principe di Strongoli e Melissa nel 1672 (stemma nobiliare in pietra sul portale) ospita negli altari tre pale seicentesche in polvere di marmo. Quella a destra raffigura S. Antonio da Padova, quella a sinistra S. Antonio Abate, la pala frontale la Madonna dell’Udienza. La seicentesca tela sopra l’altare destro raffigura S. Antonio Abate. La Chiesa è rivolta verso i paesi arbëreshë di Carfizzi, San Nicola e Pallagorio. Si narra infatti che proprio una donna arbëreshë abbia trovato qui e poi portato in questi paesi, il quadro della Madonna dell’Udienza. Ogni volta però, la reliquia tornava a Melissa. Chiaro segnale che questa era la sua casa. E così, sul sito del ritrovamento, fu innalzato il tempio in suo onore. Oggi molto meno ma una volta, alla festa di giugno, accorreva un gran numero arbëreshë per esprimere la propria devozione.
Chiesa Madre di San Nicola Vescovo
Nella Chiesa di San Nicola Vescovo, i fedeli sfilano sotto gli occhi di San Francesco d’Assisi, statua lignea realizzata nel 1899 a Serra San Bruno, in origine presso la Chiesa di San Giacomo. Dallo stesso tempio proviene il Gesù Bambino coronato di fine ‘700 dall’eterea espressione, allocato nella canonica. Dopo la messa, Don Pino, il gentilissimo parroco, sarà felice di mostrarla.
Gli spiriti della Fontana Garda
n passato l’approvvigionamento idrico a Melissa era un serio problema. La gigantesca Fontana Garda, nata nel 1818 grazie al sindaco Luigi Cinevra, migliorò la situazione ma non era sufficiente. Accanto a questa la famiglia Scaglione ne ricavò un’altra, poi arrivò quella dei francesi detta “trebbona”, tre volte più buona. Venivano tutti qui a prendere acqua. C’erano 5000 abitanti e non bastava mai. Ressa di asini, carri, botti. E liti furiose. “C’ero prima io”. “No, tocca a me”. Finalmente nel ‘55 l’onorevole Pugliese portò l’acqua della Sila. C’erano tante fontane e così i melissesi dedicarono all’onorevole una canzoncina: “Acqua di Lese, evviva Pugliese”. Si dice che ogni tanto a Garda appaia qualche spirito senza pace.
Nell’antro di Antonietta
Antonietta Bossa non è una strega ma manipola ingredienti, alcuni stranissimi, come formule magiche. Non compra nulla. Fa tutto lei, in un ambiente che evoca l’antro del Mago Merlino. Mescola olio, soda caustica, detersivo in polvere. Lascia amalgamare e, dalla sera alla mattina, il sapone casalingo è pronto. “A volte metto menta o arancia grattugiata”. Le olive le prepara con acqua, sale, calce bianca in polvere e cenere seguendo un’antica ricetta. La cenere serve ad addolcire la calce che a sua volta elimina il gusto amarognolo delle olive. Anche la cenere viene da qui, prelevata al sabato dal forno dove esce pane di grano duro. Antonietta fa anche il formaggio, caprino, pecorino, ricotta, e la sardella, neonati della sarda che miscela con pepe rosso, sale, origano e finocchietto selvatico. I mazzi di origano vengono dai terreni coltivati di famiglia o li va a raccogliere il figlio Domenico nei boschi. Lui però, soprattutto, accudisce con amore api di dieci arnie. E loro…
Il vino di Michele
Di fronte al campo sportivo di Melissa, una piccola strada porta a una minuscola cantina. È il regno di Michele Scalise. Qui intorno luccicano cinque ettari di vigne varietà Pecorello, Greco Bianco, Gaglioppo, vitigno quest’ultimo antichissimo, resistente, avido di sole, nemico della pioggia. “Vendemmiamo quando l’uva è pronta. Dipende dal clima, dal grado zuccherino. Quando raggiunge i 19-20 gradi entriamo in azione”. Dopo la vendemmia si macina l’uva poi si mette insieme col mosto a fermentare una notte. Nelle botti d’acciaio resta un anno. Il vino di Michele, bianco, rosso e rosato, non è né secco né dolce. La produzione è variabile. Dipende dalle richieste. Spedisce soprattutto in alta Italia e Germania.
Cantine Garrubba
La storia dei vini nobili Garrubba, inizia con nonno Vincenzo nel ‘35. Aveva una cantina in una grotta di Melissa. Si ritrovavano qui i contadini dopo il lavoro. Vincenzo andava in giro a scegliere le uve migliori, “questa sì, questa no”, finendo per trasmettere la passione al figlio Giuseppe, il cavaliere classe ‘35, tuttora sempre in movimento. Dopo un po’ Giuseppe decise di allargare gli orizzonti. Acquistò terreni, creando nel 2008, tra Melissa e Ciro’, l’azienda agricola immersa nei 12 ettari di vitigni Gaglioppo. Danno 30 mila bottiglie all’anno: Antico Sordillo (rosso DOC), Alba Merlata (rosato DOP), Imperator (rosso IGT), Incanto Rosa (spumante), Simposio (riserva DOC), Il Cavaliere (bianco IGT) dedicato al fondatore. La passione del Cavaliere, delle figlie Patrizia e Maria, è pari al numero delle bollicine, miliardi, in una bottiglia di vino. Degustazioni e visite alle vigne su appuntamento.

Cantine De Luca
A Melissa nulla è più evocativo dell’eccidio di Fragalà. E così due anni fa Vincenzo ha creato l’etichetta 1949, rosso IGP bio, blend di Nerello Calabrese e Gaglioppo. “Ho sempre pensato che per vendere una bottiglia la cosa migliore è legarla al territorio. Non vendiamo solo vino ma la nostra storia”. A differenza del sapore acre del lutto che incendiò le lotte contadine, il nettare è rotondo, morbido, “pieno” in bocca, fragranza di frutti di bosco, cannella, frutta matura. Il 1949 è stato presentato al Vinitaly di Verona ed è stato premiato in Francia e Germania. Il premio più bello è il ricordo che rimane vivo.
Fox’s Bar
Qui si nasconde una bottiglia di Fragalà, l’unica rimasta, prodotta alcuni anni fa dalle Cantine Riunite di Cirò e Melissa.
I formaggi di Luisa
Luisa gira tutta la provincia di Crotone. È maestra precaria. E casara. Fa il formaggio in una casetta perpetuando l’arte di Emilia e Carmine, i nonni del marito Nicola Bevilacqua. “Lavoriamo latte crudo appena munto, senza conservanti, a km 0”. Si aspetta un’oretta per la cagliata. Si rompe e si fa il formaggio col latte a 37-38 gradi, anche speziato: noci, olive, rucola, limone, ‘nduja. Il primo a uscire è la sciungata: si mette nei contenitori senza scaldarlo. Poi si cola di nuovo il siero e si fa la ricotta, col latte a 90 gradi. Luisa tratta le forme di pecorino come figli. Vanno girate tutte le mattine, accarezzate, coccolate, cosparse d’olio sennò diventano secchi all’interno. Alcune hanno un pietrone sopra: sono gli esperimenti di Luisa. Se arriverete a primavera, troverete formaggio morbido e profumato perché le pecore brucano erbe spontanee. D’estate si nutrono di mais, orzo, avena e favette ed è molto più secco.